domenica 25 dicembre 2016

Il castello di Otranto

Il Castello di Otranto, di Horace Walpole

Sinossi:

Si suppone che gli avvenimenti si svolgano nel Duecento. Manfredo, signore di Otranto, nipote dell'usurpatore del regno che ha avvelenato Alfonso, il lettimo sovrano, vive sotto l'incubo di una profezia, secondo cui la stirpe dell'usurpatore continuerà a regnare, finché il legittimo sovrano non sia divenuto troppo grosso per abitare il castello e finché discendenti maschi dell'usurpatore lo occupino. Quando la profezia sembra avverarsi, Manfredo atterrito confessa il modo dell'usurpazione e si ritira in un monastero con la moglie. Il romanzo fu pubblicato nel 1764 e, nella prima edizione, era descritto come una versione dall'italiano.







Casa editrice:

Newton

Collana:

Cento Pagine Mille Lire

Reparto:

Narrativa

Anno di Pubblicazione:

1992 (pubblicazione originale 1764)

Traduttore:

Riccardo Reim

Prezzo di Copertina:

1000 Lire

ISBN:

8879830058

Numero di Pagine:

100

Capitoli precedenti:

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Informazioni sull'autore:

Horace Walpole nacque a Londra nel 1717 per poi morire nel 1797. Figlio del primo ministro Robert Walpole, studiò a Eton e a Cambridge. Acquistò nel 1747, a Twickenham una casa che trasformò in uno stravagante maniero, detto Strawberry Hill, che è forse l’esempio più famoso di architettura neogotica settecentesca. Appassionato collezionista, studioso di storia, è l’iniziatore del romanzo gotico. Nel Castello di Otranto (The castle of Otranto, 1764), che tutta l’Europa lesse e imitò in vari modi, Walpole ha creato uno scenario di innegabile suggestione, fatto di paesaggi notturni, di cieli tempestosi, di passaggi segreti e rumori misteriosi, nel quale si muovono personaggi come la fanciulla indifesa, il malvagio preda di indomabili e perverse passioni, l’eroe misconosciuto. Con ciò Horace ha introdotto l’irrazionale nella raisonnable narrativa del Settecento e, nello stesso tempo, ha fissato i caratteri di una precisa tipologia letteraria.

Premi importanti vinti dall'autore:

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Eventuali premi vinti dal libro:

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Genere:

Romanzo Gotico/Fantastico

Ambiente:

Il castello di Otranto

Tempo:

Periodo successivo alle Crociate


Recensione:

Il castello di Otranto, scritto da Walpole nel 1764 è considerato il primo romanzo Gotico.
Come scrive anche l’autore nella seconda prefazione della copia da me letta, lui inizialmente si vergognava della pubblicazione di questo manoscritto, tanto da dichiarare di aver effettuato solo una traduzione dello stesso e aver trovato la copia originaria in italiano.
In merito a ciò io ho trovato piuttosto patetiche entrambe le prefazioni. La prima perché è evidente che non si sia limitato ad una traduzione perché impiantata su una totale difensiva he sembra quasi infantile, la seconda perché sembra sempre un bambino che cerca di rimediare ad una gaffe assoluta. Avrebbe fatto certamente più bella figura a starsene zitto e lasciare la gloria perduta ad abbracciarsi ai timori della prima pubblicazione.

Detto questo, i personaggi in questo romanzo sono praticamente tutti principali, almeno quelli che hanno un nome e tutti fortemente caratterizzati ma decisamente statici e poco completi; nessuno di essi subisce alcun tipo di evoluzione durante il racconto, ma si può soprassedere al problema considerato che il racconto si svolge in un lasso di tempo relativamente breve.
Porto ad esempio Manfredi che fin da quando viene presentato si mostra come un personaggio ostinato e particolarmente stupido, tanto da permettere al lettore di chiedersi come possa ricoprire una posizione rilevante nella società nella quale vive. Manfredi vive in balia delle passioni e sembra pensare letteralmente con i genitali, come mostra il comportamento nei confronti di Isabella. Durante tutto il romanzo, nonostante la gran quantità di eventi ed interventi più o meno divini lui non cambia di una virgola e non apprende nulla, il che è poco realistico ed “umano”.
Così come Manfredi anche tutti gli altri personaggi non variano minimamente ed è credo la peggiore pecca del racconto.

Un’altra caratteristica da me notata, che si evince già a tenere in mano il volume che conta davvero poche pagine, è la brevità del romanzo stesso. Walpole non si lascia mai andare in nessuna descrizione superflua. Inquadra rapidamente la locazione dove si svolgono i fatti e delinea i suoi personaggi senza mai essere prolisso, così come non si lascia andare nel descrivere gestualità o eventi che non fanno parte della storia, dando al romando un ritmo veloce ed incalzante che non permette quasi di far prendere fiato chi si cimenta nella lettura.

Tutto il romanzo è carico di input che stimolano la curiosità del lettore, invitandolo a non abbandonare mai il volume che tutto sommato è piacevole alla lettura, considerato soprattutto il contesto storico durante il quale è stato scritto. Essendo inoltre uno tra i primi romanzi del Genere merita certamente la sua attenzione.

Una lode va al traduttore che ha riportato dalla lingua inglese il testo utilizzando un italiano pulito e corretto. Sembra quasi ridicolo, in un’ Italia del 2016 dove l’analfabetismo (nel senso stretto del termine) dovrebbe essere praticamente debellato, trovarsi a lodare una persona che non ha fatto né più né meno che il suo lavoro, ma sono costretta a sottolineare il piacere che si prova nel leggere un romanzo tradotto correttamente e non letteralmente (ossia debellando ogni congiuntivo presente), come avviene per praticamente tutti i nuovi libri ormai in circolazione.


Lettori ai quali si rivolge:

Il libro si rivolge un po’ a tutti. Io ne consiglio la lettura principalmente per una questione storica di importanza dello stesso nella letteratura europea.

martedì 13 dicembre 2016

Il saccheggiatore di relitti

Il saccheggiatore di relitti, di Robert Louis Stevenson

Sinossi:

Il saccheggiatore di relitti (The Wrecker), edito anche come Il relitto, è un romanzo del 1892 di Robert Louis Stevenson scritto in collaborazione con il figliastro Lloyd Osbourne. La storia è ambientata alle Isole Marchesi e si sviluppa intorno al relitto abbandonato della Flying Scud.













Casa editrice:

Newton & Compton

Collana:

I classici

Reparto:

Narrativa

Anno di Pubblicazione:

1993

Traduttore:

Gian Dàuli

Prezzo di Copertina:

2000 Lire

ISBN:

88-7983-303-0

Numero di Pagine:

256

Capitoli precedenti:

Nessuno

Informazioni sull'autore:

Robert Louis Balfour Stevenson nato ad Edimburgo il 13 novembre 1850 e morto a Vailima il 3 dicembre 1894 è stato uno scrittore, drammaturgo e poeta scozzese

Premi importanti vinti dall'autore:

Premio Retro Hugo alla migliore rappresentazione drammatica

Eventuali premi vinti dal libro:

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Genere:

Avventura

Ambiente:

Isole Marchesi

Tempo:

Anno 1892


Recensione:

Trattandosi di un romanzo più complesso, prima di presentare i personaggi vorrei dare due indicazioni: una sulla copia da me letta e una in generale sul romanzo.
Parto da quest’ultima segnalando che questo scritto è stato pubblicato anche come “Il relitto”e per scriverlo Stevenson prese spunto da un episodio realmente accaduto e del quale sentì parlare nel 1888.
Il primo appunto, invece, è riguardo l’edizione che ho preso in considerazione (ad un mercatino dell’usato ho preso a caso un classico, perché mi ero svegliata con il pallino di voler avere per le mani un classico e il fato ha condotto bene la mia mano). Io ho scelto un tascabile vecchissimo, con le pagine ora ingiallite con il prezzo ancora in Lire (2000) e sono molto contenta di questa decisione in quanto, quando è stato tradotto, fortunatamente, il traduttore faceva ancora parte di quella scuola erudita a tal punto da conoscere le corrette coniugazioni verbali, oltre ad un lessico discretamente forbito; questa comunione di fattori ha dato origine ad un volume che ti obbliga a rileggere le prime pagine almeno due o tre volte prima di comprenderne il senso. Un intreccio di subordinate e coordinate genera periodi molto lunghi e complessi che devono quindi essere sgarbugliati. Prego quindi chi leggerà la mia medesima edizione di non abbandonare il libro, ma impegnarsi, perché il cervello umano è fenomenale, e dopo poche pagine questo lavoro verrà effettuato in automatico senza più bisogno di rileggere alcunché. A mio parere un testo così complesso è solo una ventata d’aria fresca per il cervello. Una spazzata che toglie le ragnatele e rimette in funzione il tutto.

Detto questo possiamo tornare a parlare più schiettamente del romanzo partendo, come sempre, dai personaggi principali:
Loudon Dodd: Dodd è un personaggio decisamente in evoluzione durante tutto il romanzo. Inizia come “figlio di papà”, dove può permettersi di godersi la vita e sperimentare ciò che desidera, fingendosi un ragazzo mediamente povero nel quartiere latino di Parigi, per poi finire a raccontare ,da narratore e protagonista del libro, delle sue avventure e disavventure da uomo vissuto.
Jim Pinkerton: Non è altri che un amico di Loudon, con il quale questi è in affari fin dal periodo universitario. Un animo tutto sommato buono ma totalmente votato al denaro. Jim aiuta ingenuamente Loudon nelle sue disavventure vivendone quasi all’ombra, sebbene la sua importanza nel romanzo non sia contestabile.

Il romanzo viene raccontato in prima persona da Loudon, parlando con un amico, e si svolge in un intricato intreccio di avventure e disavventure che coinvolgeranno il lettore in ogni momento. Il libro è piuttosto breve, non da quindi spazio a tempi morti o a descrizioni prolisse che tendono solvente ad annoiare. Ogni evento sembra inseguire il precedente in una corsa che terrà il lettore incollato alle pagine del volume.
Solo l’inizio è forse contestabile. Sembra non avere ne capo ne coda e non dover portare a nulla e un paio di volte mi sono chiesta che cosa stessi leggendo, ma il dover calare il lettore in un determinato contesto storico e sociale richiede il sue tempo, tempo che, se non a inizio romanzo, lo scrittore non avrebbe potuto trovare più avanti senza spezzare il senso e il ritmo del racconto per intero.

Che dire se non che alla fine, sebbene non sia il mio genere e nonostante le difficoltà iniziali a leggere scorrevolmente le pagine del “Saccheggiatore di Relitti”, questo libro mi è piaciuto e anche molto. Nella sua complessità affascina, come affascina il non riuscire a comprendere l’assurdità della vicenda fino all’ultimo istante.
Oltre che un libro piacevole da leggere credo sia proprio un libro da leggere a prescindere

Per quanto riguarda i personaggi, però, non ci si affeziona particolarmente. Finirlo non è come perdere un caro amico e durante la lettura non si rimane con il cuore in gola o le lacrime agli occhi nel timore che il nostro personaggio preferito possa subire un torto o morire..

Lettori ai quali si rivolge:

Lo consiglio ad un pubblico adulto data la complessità del linguaggio utilizzato